L’articolo 109 del TUIR disciplina le norme generali sui componenti il reddito d’impresa; in relazione ai costi prevede che questi, per essere deducibili dal reddito d’impresa, debbano rispondere ai requisiti di inerenza, certezza e determinabilità.
L’inerenza espressamente prevista dal Legislatore è di tipo qualitativo, quale correlazione tra costo e attività imprenditoriale, a cui si può accompagnare l’inerenza di tipo quantitativo, di base giurisprudenziale, che non è in trattazione in questa sede.
L’ordinanza numero 27657/2021 della Corte di Cassazione, in relazione ai criteri di deducibilità dei costi dal reddito d’impresa, fa alcune precisazioni e prende in esame, in modo specifico, una particolare situazione: quella in cui le fatture, che documentano i costi dedotti, sono state emesse da parenti o amici.
Le precisazioni di taglio preventivo che fa la Corte, in relazione alla deducibilità dei costi, e che possono essere utili in generale, sono due:
- la prova del diritto alla deduzione dei costi è a carico del contribuente, il quale può fornire prova per il tramite di un documento quale la fattura, ma l’attendibilità di questa può essere contestata dall’Agenzia delle Entrate, e la valutazione della questione starà al giudice di merito che giudicherà la situazione in base al quadro complessivo;
- i requisiti di certezza e determinabilità dei costi sono requisiti imprescindibili per la loro deduzione fiscale, anche in caso di imprese minori.
Premesso ciò, l’ordinanza e la nostra trattazione possono entrare nello specifico della fattispecie trattata: il caso delle fatture emesse da parenti e amici.
Nel caso esaminato dalla Corte i costi erano documentati dai soli documenti fiscali, senza ulteriore prova documentale a supporto dell’esistenza e dell’effettività delle prestazioni che il contribuente intendeva dedurre.
La Corte di Cassazione ci spiega che, in un caso come quello in trattazione, l’effettività delle prestazioni, e quindi la loro deducibilità dal reddito d’impresa, erano smentite da:
- un elemento soggettivo: l’esistenza di rapporti di parentela o di amicizia tra le parti;
- un elemento oggettivo: l’assenza di documentazione analitica a supporto.
L’unione di questi elementi è sufficiente “a far esprimere una valutazione negativa della documentazione esibita dal contribuente”.
Riepilogando per maggiore chiarezza, quindi:
- la deduzione di un costo è subordinata alla sua certezza, alla sua inerenza e alla sua determinabilità;
- dato che l’onere di provare l’esistenza del diritto alla detrazione di un costo è a carico del contribuente, lo è anche quello di provare le sue caratteristiche essenziali quali, ad esempio, l’effettiva esistenza;
- tale prova può essere fornita per il tramite della fattura, ma l’attendibilità del documento può essere contestata dall’Agenzia delle Entrate;
- nel caso in cui le fatture siano emesse da parenti e amici, i rapporti intercorrenti tra le parti sono da soli sufficienti per mettere in dubbio l’effettività e quindi la deducibilità di questi costi;
- se il contribuente non sarà in grado di produrre adeguata documentazione a dimostrazione della certezza, dell’inerenza e della determinabilità di tali costi, questi potranno essere facilmente contestati dall’Agenzia delle Entrate e disconosciuti dal giudice di merito (colui al quale è demandato il compito di valutare la complessità di queste situazioni).
In definitiva quindi, il contribuente che vorrà portare in deduzione dal reddito d’impresa costi certificati da parenti o amici, per evitare ipotesi di contestazione, dovrà premurarsi di conservare documentazione sufficiente a dimostrarne l’esistenza e l’inerenza, insieme alle modalità analitiche di determinazione.